Inle Lake – Giorno 7

[:it]Villaggi con palafitte Inn Dein (Inlay Shwe Inn Tain pagoda) Khaung Daing (natural hot spring)

La giornata inizia presto, ci avviamo verso il molo (questo volta quello giusto) e prendiamo la barca. Sul lago ritroviamo il pescatore fotomodello, i pescatori veri e i raccoglitori di alghe. Ci addentriamo nei canali stretti che portano ai villaggi che si sviluppano sulle rive del lago.

La vita sulle rive del lago Inle
Case di Inle

Il mezzo di trasporto qui sono ovviamente le barche: lunghe, strette e cariche di gente e di merce.

Trasloco in barca, qui non ci sono alternative

Mentre facciamo il giro in barca nei villaggi apprezzando ‘l’architettura’ unica delle case in equilibrio su pali di legno sopra, passiamo davanti a una casa dove si sta svolgendo un matrimonio. Thet ci chiede se vogliamo andarci e così ci siamo imbucati ad un matrimonio (giuro che non lo faccio come abitudine!).

Anche se per noi era strano loro ci hanno ricevuto a braccia aperte, erano contentissimi di avere degli stranieri a casa loro e alla loro festa, siamo diventati noi l’attrazione. Probabilmente hanno più foto nostre che degli sposi.

I giovanissimi sposi (lei 20, lui 19) con i vestiti tradizionali luccicanti e colorati stanno seduti su un specie di altare per 7 ore a ricevere le persone del villaggio. Parenti e vicini vengono a fare gli auguri e a portare un regalo o fare una donazione. Quando il visitatore fa il regalo riceve in cambio la ‘bomboniera’: una bustina di shampoo e 2 caramelle ‘Love’. ♥♥

Gli sposini ♥︎
La bomboniera

In Myanmar non ci sono i matrimoni combinati tra famiglie o dote da pagare alla famiglia dello sposo. La data del matrimonio non è decisa a cuor leggero ma da un astrologo che ‘combinando’ giorno/data di nascita degli sposi, stelle, pianeti e chi sa cos’altro individua la data giusta per garantire un matrimonio felice e duraturo. Alla faccia nostra…

I matrimoni sono celebrati da un cerimoniere ma non dai monaci, loro benedicono solo la coppia e raccolgono l’elemosina che gli sposi raccolgono durante la festa per guadagnare meriti (che aiutano nella lunga strada per arrivare al Nirvana).

 

Anche se erano solo le 9:30 del mattino hanno insistito perché mangiassimo, non potevamo rifiutare. Avevano preparato della zuppa (buonissima), del curry e se non li avessimo fermati il banchetto sarebbe continuato. ☺︎

Abbiamo fatto le foto con gli invitati, con i bambini e siamo andati a casa di uno degli invitati per il digestivo: un mix di erbe, arachidi, qualche volta gamberi minuscoli fritti che si mangiano tutti insieme accompagnati da tè verde.

La festa!

E’ stata una esperienza molto bella e conferma che il meglio in assoluto di questo paese sono le sue persone, gentili e sorridenti!

Di pancia e anima piena viaggiamo verso In Dein. E’ un po’ distante, più di un’ora e mezza da Nyaung Shwe e per andarci potranno chiedervi un supplemento per la barca, ma ne vale la pena.

In Dein è un sito archeologico con una concentrazione di più di 1000 stupe antiche di circa 1000 anni e, ovviamente una pagoda: Shwe Inn Tain. Esagerando è una mini Bagan concentrata.

Tante sono in rovina, danneggiate dal tempo, dalla natura (è anche questa una zona sismica) e dall’ uomo (cacciatori di tesori principalmente). La parte restaurata è quella che compare nelle cartoline, una concentrazione di guglie bianche e dorate, ad alto effetto visuale. Ma non vi fermate solo alla parte ‘nuova’ anche le rovine hanno il loro fascino. Noi abbiamo ormeggiato la barca dalla parte delle rovine e iniziato la visita da li.

L’ideale sarebbe arrivare presto al mattino, noi eravamo impegnati al matrimonio quindi siamo arrivati quasi a mezzogiorno. Non c’era tanta gente, ma questo perché è bassa stagione come ci ricorda Thet. Il sole era splendente ed era caldissimo! Nelle rovine puoi tenere le ciabatte ma nella pagoda no…e apparentemente a nessuno è venuto in mente che le piastrelle lucide e il sole bollente non sono granché come combinazione…ho fatto la visita cercando cerchi d’ombra per non ustionarmi i piedi! Al di là di questo è affascinante.

Nella zona delle rovine Thet ci spiega che ci sono pagode erette anche dalle persone normali, non solo dai re o nobili. La regola è che nessuna sia più alta di quella fatta costruire dal Re. La maggior parte delle stupe sono in mattone (come a Bagan) e anche se ormai non si può entrare per pericolo di cadute in qualche caso si possono intravedere statue di Budda all’interno.

In Dein – dettagli: le immagini di Budda che spuntano dalle rovine

Tante sono quasi completamente coperte dalla vegetazione, da un lato è un po’ triste perché rappresenta lo stato di abbandono del sito, dall’altro ha un certo fascino.

In Dein, la vegetazione si impossessa delle stupe
Calcio, grande passione nazionale

Nella parte restaurata si trovano poche costruzioni con i mattoni a vista, la maggior parte infatti sono bianche o dorate. Anche se molto fotogeniche, non so quanto preciso sia stato il lavoro di restauro, alcune sembrano semplicemente cimentate e brutalmente coperte di tinta bianca o dorata. Questo è particolarmente chiaro se accanto ne vedete qualcuna che è ancora da restaurare: avete presente il prima e dopo di qualche chirurgia plastica dove forse il prima era meglio?

In Dein

Anche qui i restauri sono finanziati dai privati che possono così mettere il proprio nome sull’opera restaurata. Come dice Thet tutti vogliono il loro nome ben visibile per questo le stupe più vicine al passaggio sono quelle tenute meglio ☺︎

Io e Thet bruciando i piedi ad In Dein
Shew Inn Tain Pagoda

Come in tutti i siti turistici il lungo corridoio della pagoda è trasformato in un grande mercato di souvenirs: abbigliamento, sculture, bigiotteria, etc. Abbiamo chiesto a Thet come si ‘concorre’ ad un posto in pagoda e ci ha spiegato che è il pagoda trustee (fiduciario) che attribuisce i posti. I negozianti non pagano l’affitto, ma contribuiscono con il lavoro per esempio pulendo o aiutando nei lavori di manutenzione.

In Dein shopping…io non ho resistito a fare qualche acquisto!

Considerate almeno un paio d’ore per visitare questa zona, se avete tempo potete anche fare un giro al villaggio omonimo.

Villaggio In Dein
Bambini in In Dein

Dopo tutto questo “pagodare” siamo affamati, l’effetto colazione matrimoniale è svanito e così ci mettiamo in strada, o meglio in acqua, verso il ristorante Linn Pyae (Heya Ywama, Pann Paè Quarter).

Anche questo ristorante ha un terrazzo sul lago e anche oggi mangiamo pesce. Quello di A. era teoricamente grigliato, in pratica abbrustolito, il mio ‘special lake fish’ era buono e anche l’insalata di cetrioli. Spesa totale Ks 17’500 (12€), il più caro finora per pranzo ☺︎

Pranzo al ristorante Linn Pyae

Riposati e rinfrescati continuiamo a girare sul lago e Thet ci porta ad un negozio dove ci sono le donne Kayan (or Padaung, in dialetto Shan), o più comunemente conosciute per il sopranome politicamente scorretto di donne del collo di giraffa, per gli anelli di ottone che portano al collo.

L’etnia Kayan non è originaria di Inle (Shan state) ma Loikaw, nel Kayah state a sud di Inle (a 4 ore di distanza in auto da Nyaung Shwe). Sono una delle 9 etnie dello stato di Kayah e tante hanno dovuto emigrare per sostenersi, solitamente in Thailandia o in generale in posti più turistici.

Con il boom del turismo in Myanmar e grazie al programma di incentivo ed educazione alcune stanno facendo ritorno al loro villaggio e lavorano facendo artigianato da vendere ai turisti. Ma rimangono loro l’attrazione…

Ci sono diverse teorie sul motivo perché usano gli anelli al collo (e anche sulle gambe), ma quella che sembra avere una logica (e a me piace la logica) è che aveva una funzione non solo estetica ma anche protettiva. Infatti vivendo in zone di foresta dove ci sono le tigri, che quando attaccano puntano al collo e alle gambe, gli anelli funzionavano come scudo. Loro dicono semplicemente che gli piace così…

3 generazioni di donne Kayan
Donna Kayan

Al contrario di quello che pensavo gli anelli non allungano il collo, è una illusione ottica quella. Quello che in verità succede è che, il peso degli anelli spinge le clavicole verso basso e le deforma dando questo aspetto al collo. Sono davvero pesanti, se li tieni in mano lo capisci, non so come facciano loro a tenerseli al collo per tutta la vita!

Si inizia a 5 anni e ogni anno si aggiungono altri giri fino ad arrivare a 25 anelli con un peso da 8 a 10kg!

Gli anelli delle Kayan

Rientriamo a Nyaung Shwe perché volevamo fare un giro in bici alle natural hot springs a Khaung Daing. Sono circa 9 km, mezz’ora in bici.

Abbiamo affittato le bici in hotel (2000 Ks/una (1,40€)). Da Nyaung Shwe si prende la strada che porta verso Heho, la prima parte è piacevole lungo i campi coltivati dopo arriva la salita…e non è piacevole. Arrivati alla fine, si riprende fiato e si gira a sinistra e dopo 4 km troverete le hot springs a sinistra.

On the way to Khaung Daing

Mi ero fatta questa idea di piscine naturali con acqua calda e piena di bolle emerse nella vegetazione lussureggiante invece…l’entrata sembra quella di un hotel (eravamo un po’ nel dubbio se fossimo arrivati al posto giusto).

Thet ci aveva detto che si pagava 2000 Ks ma, sorpresa sorpresa per gli stranieri sono $10 a persona!! Però ti danno una bottiglia d’acqua, l’asciugamano e accesso al guardaroba VIP che praticamente uguale agli altri ! Visto che avevamo fatto mezz’ora di bici mi seccava tornare indietro senza averle viste e avevo ancora la speranza che al di là della reception ci fosse la vegetazione lussureggiante.

Paghiamo questi 20 dollari ed entriamo…ci sono quattro piccole piscine di acqua bollente, un bar minuscolo e basta. Per vedere la sorgente dovete andare fino in fondo e guardare oltre le mura a destra, c’è questa pozza che borbotta e finisce li.

Khaung Daing Natural hot springs

C’eravamo noi, un ragazzo francese e 3 coppie di signori indiani che abitavano a Londra, la parte più bella è stata la chiacchierata con loro!

Dovessi tornare ad Inle questo è decisamente un posto dove non tornerei, non è brutto però 10 dollari è decisamente esagerato come ingresso. Comunque se volete proprio andare sono aperte tutti i giorni fino alle 18:00.

Meglio proseguire verso il villaggio Khaung Daing, trovere un bel bar con vista lago e spendere $20 in cocktails! O rimanere a Nyaung Shwe a visitare il mercato o il monastero!

Il vantaggio è che al rientro non c’è più la salita da fare in bici….

Doccia e si esce per cena. Io volevo andare al Sein Ya Da Nar (BBQ and Hot Pot) (Yone Gyi Street), ma questa volta ha vinto A. che voleva tornare al Thanakha. Mangiamo come l’altra volta molto bene e loro sono davvero simpatiche. Lo consiglio vivamente.

Domani si parte per Mandalay.[:en]Villaggi con palafitte Inn Dein (Inlay Shwe Inn Tain pagoda) Khaung Daing (natural hot spring)

La giornata inizia presto, ci avviamo verso il molo (questo volta quello giusto) e prendiamo la barca. Sul lago ritroviamo il pescatore fotomodello, i pescatori veri e i raccoglitori di alghe. Ci addentriamo nei canali stretti che portano ai villaggi che si sviluppano sulle rive del lago.

La vita sulle rive del lago Inle
Case di Inle

Il mezzo di trasporto qui sono ovviamente le barche: lunghe, strette e cariche di gente e di merce.

Trasloco in barca, qui non ci sono alternative

Mentre facciamo il giro in barca nei villaggi apprezzando ‘l’architettura’ unica delle case in equilibrio su pali di legno sopra, passiamo davanti a una casa dove si sta svolgendo un matrimonio. Thet ci chiede se vogliamo andarci e così ci siamo imbucati ad un matrimonio (giuro che non lo faccio come abitudine!).

Anche se per noi era strano loro ci hanno ricevuto a braccia aperte, erano contentissimi di avere degli stranieri a casa loro e alla loro festa, siamo diventati noi l’attrazione. Probabilmente hanno più foto nostre che degli sposi.

I giovanissimi sposi (lei 20, lui 19) con i vestiti tradizionali luccicanti e colorati stanno seduti su un specie di altare per 7 ore a ricevere le persone del villaggio. Parenti e vicini vengono a fare gli auguri e a portare un regalo o fare una donazione. Quando il visitatore fa il regalo riceve in cambio la ‘bomboniera’: una bustina di shampoo e 2 caramelle ‘Love’. ♥♥

Gli sposini ♥︎
La bomboniera

In Myanmar non ci sono i matrimoni combinati tra famiglie o dote da pagare alla famiglia dello sposo. La data del matrimonio non è decisa a cuor leggero ma da un astrologo che ‘combinando’ giorno/data di nascita degli sposi, stelle, pianeti e chi sa cos’altro individua la data giusta per garantire un matrimonio felice e duraturo. Alla faccia nostra…

I matrimoni sono celebrati da un cerimoniere ma non dai monaci, loro benedicono solo la coppia e raccolgono l’elemosina che gli sposi raccolgono durante la festa per guadagnare meriti (che aiutano nella lunga strada per arrivare al Nirvana).

 

Anche se erano solo le 9:30 del mattino hanno insistito perché mangiassimo, non potevamo rifiutare. Avevano preparato della zuppa (buonissima), del curry e se non li avessimo fermati il banchetto sarebbe continuato. ☺︎

Abbiamo fatto le foto con gli invitati, con i bambini e siamo andati a casa di uno degli invitati per il digestivo: un mix di erbe, arachidi, qualche volta gamberi minuscoli fritti che si mangiano tutti insieme accompagnati da tè verde.

La festa!

E’ stata una esperienza molto bella e conferma che il meglio in assoluto di questo paese sono le sue persone, gentili e sorridenti!

Di pancia e anima piena viaggiamo verso In Dein. E’ un po’ distante, più di un’ora e mezza da Nyaung Shwe e per andarci potranno chiedervi un supplemento per la barca, ma ne vale la pena.

In Dein è un sito archeologico con una concentrazione di più di 1000 stupe antiche di circa 1000 anni e, ovviamente una pagoda: Shwe Inn Tain. Esagerando è una mini Bagan concentrata.

Tante sono in rovina, danneggiate dal tempo, dalla natura (è anche questa una zona sismica) e dall’ uomo (cacciatori di tesori principalmente). La parte restaurata è quella che compare nelle cartoline, una concentrazione di guglie bianche e dorate, ad alto effetto visuale. Ma non vi fermate solo alla parte ‘nuova’ anche le rovine hanno il loro fascino. Noi abbiamo ormeggiato la barca dalla parte delle rovine e iniziato la visita da li.

L’ideale sarebbe arrivare presto al mattino, noi eravamo impegnati al matrimonio quindi siamo arrivati quasi a mezzogiorno. Non c’era tanta gente, ma questo perché è bassa stagione come ci ricorda Thet ce lo ricorda. Il sole era splendente ed era caldissimo! Nelle rovine puoi tenere le ciabatte ma nella pagoda no…e apparentemente a nessuno è venuto in mente che le piastrelle lucide e il sole bollente non sono granché come combinazione…ho fatto la visita cercando cerchi d’ombra per non ustionarmi i piedi! Al di là di questo è affascinante.

Nella zona delle rovine Thet ci spiega che ci sono pagode erette anche dalle persone normali, non solo dai re o nobili. La regola è che nessuna sia più alta di quella fatta costruire dal Re. La maggior parte delle stupe sono in mattone (come a Bagan) e anche se ormai non si può entrare per pericolo di cadute in qualche caso si possono intravedere statue di Budda all’interno.

In Dein – dettagli: le immagini di Budda che spuntano dalle rovine

Tante sono quasi completamente coperte dalla vegetazione, da un lato è un po’ triste perché rappresenta lo stato di abbandono del sito, dall’altro ha un certo fascino.

In Dein, la vegetazione si impossessa delle stupe
Calcio, grande passione nazionale

Nella parte restaurata si trovano poche costruzioni con i mattoni a vista, la maggior parte infatti sono bianche o dorate. Anche se molto fotogeniche, non so quanto preciso sia stato il lavoro di restauro, alcune sembrano semplicemente cimentate e brutalmente coperte di tinta bianca o dorata. Questo è particolarmente chiaro se accanto ne vedete qualcuna che è ancora da restaurare: avete presente il prima e dopo di qualche chirurgia plastica dove forse il prima era meglio?

In Dein

Anche qui i restauri sono finanziati dai privati che possono così mettere il proprio nome sull’opera restaurata. Come dice Thet tutti vogliono il loro nome ben visibile per questo le stupe più vicine al passaggio sono quelle tenute meglio ☺︎

Io e Thet bruciando i piedi ad In Dein
Shew Inn Tain Pagoda

Come in tutti i siti turistici il lungo corridoio della pagoda è trasformato in un grande mercato di souvenirs: abbigliamento, sculture, bigiotteria, etc. Abbiamo chiesto a Thet come si ‘concorre’ ad un posto in pagoda e ci ha spiegato che è il pagoda trustee (fiduciario) che attribuisce i posti. I negozianti non pagano l’affitto, ma contribuiscono con il lavoro per esempio pulendo o aiutando nei lavori di manutenzione.

In Dein shopping…io non ho resistito a fare qualche acquisto!

Considerate almeno un paio d’ore per visitare questa zona, se avete tempo potete anche fare un giro al villaggio omonimo.

Villaggio In Dein
Bambini in In Dein

Dopo tutto questo “pagodare” siamo affamati, l’effetto colazione matrimoniale è svanito e così ci mettiamo in strada, o meglio in acqua, verso il ristorante Linn Pyae (Heya Ywama, Pann Paè Quarter).

Anche questo ristorante ha un terrazzo sul lago e anche oggi mangiamo pesce. Quello di A. era teoricamente grigliato, in pratica abbrustolito, il mio ‘special lake fish’ era buono e anche l’insalata di cetrioli. Spesa totale Ks 17’500 (12€), il più caro finora per pranzo ☺︎

Pranzo al ristorante Linn Pyae

Riposati e rinfrescati continuiamo a girare sul lago e Thet ci porta ad un negozio dove ci sono le donne Kayan (or Padaung, in dialetto Shan), o più comunemente conosciute per il sopranome politicamente scorretto di donne del collo di giraffa, per gli anelli di ottone che portano al collo.

L’etnia Kayan non è originaria di Inle (Shan state) ma Loikaw, nel Kayah state a sud di Inle (a 4 ore di distanza in auto da Nyaung Shwe). Sono una delle 9 etnie dello stato di Kayah e tante hanno dovuto emigrare per sostenersi, solitamente in Thailandia o in generale in posti più turistici.

Con il boom del turismo in Myanmar e grazie al programma di incentivo ed educazione alcune stanno facendo ritorno al loro villaggio e lavorano facendo artigianato da vendere ai turisti. Ma rimangono loro l’attrazione…

Ci sono diverse teorie sul motivo perché usano gli anelli al collo (e anche sulle gambe), ma quella che sembra avere una logica (e a me piace la logica) è che aveva una funzione non solo estetica ma anche protettiva. Infatti vivendo in zone di foresta dove ci sono le tigri, che quando attaccano puntano al collo e alle gambe, gli anelli funzionavano come scudo. Loro dicono semplicemente che gli piace così…

3 generazioni di donne Kayan
Donna Kayan

Al contrario di quello che pensavo gli anelli non allungano il collo, è una illusione ottica quella. Quello che in verità succede è che, il peso degli anelli spinge le clavicole verso basso e le deforma dando questo aspetto al collo. Sono davvero pesanti, se li tieni in mano lo capisci, non so come facciano loro a tenerseli al collo per tutta la vita!

Si inizia a 5 anni e ogni anno si aggiungono altri giri fino ad arrivare a 25 anelli con un peso da 8 a 10kg!

Gli anelli delle Kayan

Rientriamo a Nyaung Shwe perché volevamo fare un giro in bici alle natural hot springs a Khaung Daing. Sono circa 9 km, mezz’ora in bici.

Abbiamo affittato le bici in hotel (2000 Ks/una (1,40€)). Da Nyaung Shwe si prende la strada che porta verso Heho, la prima parte è piacevole lungo i campi coltivati dopo arriva la salita…e non è piacevole. Arrivati alla fine, si riprende fiato e si gira a sinistra e dopo 4 km troverete le hot springs a sinistra.

On the way to Khaung Daing

Mi ero fatta questa idea di piscine naturali con acqua calda e piena di bolle emerse nella vegetazione lussureggiante invece…l’entrata sembra quella di un hotel (eravamo un po’ nel dubbio se fossimo arrivati al posto giusto).

Thet ci aveva detto che si pagava 2000 Ks ma, sorpresa sorpresa per gli stranieri sono $10 a persona!! Però ti danno una bottiglia d’acqua, l’asciugamano e accesso al guardaroba VIP che praticamente uguale agli altri ! Visto che avevamo fatto mezz’ora di bici mi seccava tornare indietro senza averle viste e avevo ancora la speranza che al di là della reception ci fosse la vegetazione lussureggiante.

Paghiamo questi 20 dollari ed entriamo…ci sono quattro piccole piscine di acqua bollente, un bar minuscolo e basta. Per vedere la sorgente dovete andare fino in fondo e guardare oltre le mura a destra, c’è questa pozza che borbotta e finisce li.

Khaung Daing Natural hot springs

C’eravamo noi, un ragazzo francese e 3 coppie di signori indiani che abitavano a Londra, la parte più bella è stata la chiacchierata con loro!

Dovessi tornare ad Inle questo è decisamente un posto dove non tornerei, non è brutto però 10 dollari è decisamente esagerato come ingresso. Comunque se volete proprio andare sono aperte tutti i giorni fino alle 18:00.

Meglio proseguire verso il villaggio Khaung Daing, trovere un bel bar con vista lago e spendere $20 in cocktails! O rimanere a Nyaung Shwe a visitare il mercato o il monastero!

Il vantaggio è che al rientro non c’è più la salita da fare in bici….

Doccia e si esce per cena. Io volevo andare al Sein Ya Da Nar (BBQ and Hot Pot) (Yone Gyi Street), ma questa volta ha vinto A. che voleva tornare al Thanakha. Mangiamo come l’altra volta molto bene e loro sono davvero simpatiche. Lo consiglio vivamente.

Domani si parte per Mandalay.[:pt]Villaggi con palafitte Inn Dein (Inlay Shwe Inn Tain pagoda) Khaung Daing (natural hot spring)

La giornata inizia presto, ci avviamo verso il molo (questo volta quello giusto) e prendiamo la barca. Sul lago ritroviamo il pescatore fotomodello, i pescatori veri e i raccoglitori di alghe. Ci addentriamo nei canali stretti che portano ai villaggi che si sviluppano sulle rive del lago.

La vita sulle rive del lago Inle
Case di Inle

Il mezzo di trasporto qui sono ovviamente le barche: lunghe, strette e cariche di gente e di merce.

Trasloco in barca, qui non ci sono alternative

Mentre facciamo il giro in barca nei villaggi apprezzando ‘l’architettura’ unica delle case in equilibrio su pali di legno sopra, passiamo davanti a una casa dove si sta svolgendo un matrimonio. Thet ci chiede se vogliamo andarci e così ci siamo imbucati ad un matrimonio (giuro che non lo faccio come abitudine!).

Anche se per noi era strano loro ci hanno ricevuto a braccia aperte, erano contentissimi di avere degli stranieri a casa loro e alla loro festa, siamo diventati noi l’attrazione. Probabilmente hanno più foto nostre che degli sposi.

I giovanissimi sposi (lei 20, lui 19) con i vestiti tradizionali luccicanti e colorati stanno seduti su un specie di altare per 7 ore a ricevere le persone del villaggio. Parenti e vicini vengono a fare gli auguri e a portare un regalo o fare una donazione. Quando il visitatore fa il regalo riceve in cambio la ‘bomboniera’: una bustina di shampoo e 2 caramelle ‘Love’. ♥♥

Gli sposini ♥︎
La bomboniera

In Myanmar non ci sono i matrimoni combinati tra famiglie o dote da pagare alla famiglia dello sposo. La data del matrimonio non è decisa a cuor leggero ma da un astrologo che ‘combinando’ giorno/data di nascita degli sposi, stelle, pianeti e chi sa cos’altro individua la data giusta per garantire un matrimonio felice e duraturo. Alla faccia nostra…

I matrimoni sono celebrati da un cerimoniere ma non dai monaci, loro benedicono solo la coppia e raccolgono l’elemosina che gli sposi raccolgono durante la festa per guadagnare meriti (che aiutano nella lunga strada per arrivare al Nirvana).

 

Anche se erano solo le 9:30 del mattino hanno insistito perché mangiassimo, non potevamo rifiutare. Avevano preparato della zuppa (buonissima), del curry e se non li avessimo fermati il banchetto sarebbe continuato. ☺︎

Abbiamo fatto le foto con gli invitati, con i bambini e siamo andati a casa di uno degli invitati per il digestivo: un mix di erbe, arachidi, qualche volta gamberi minuscoli fritti che si mangiano tutti insieme accompagnati da tè verde.

La festa!

E’ stata una esperienza molto bella e conferma che il meglio in assoluto di questo paese sono le sue persone, gentili e sorridenti!

Di pancia e anima piena viaggiamo verso In Dein. E’ un po’ distante, più di un’ora e mezza da Nyaung Shwe e per andarci potranno chiedervi un supplemento per la barca, ma ne vale la pena.

In Dein è un sito archeologico con una concentrazione di più di 1000 stupe antiche di circa 1000 anni e, ovviamente una pagoda: Shwe Inn Tain. Esagerando è una mini Bagan concentrata.

Tante sono in rovina, danneggiate dal tempo, dalla natura (è anche questa una zona sismica) e dall’ uomo (cacciatori di tesori principalmente). La parte restaurata è quella che compare nelle cartoline, una concentrazione di guglie bianche e dorate, ad alto effetto visuale. Ma non vi fermate solo alla parte ‘nuova’ anche le rovine hanno il loro fascino. Noi abbiamo ormeggiato la barca dalla parte delle rovine e iniziato la visita da li.

L’ideale sarebbe arrivare presto al mattino, noi eravamo impegnati al matrimonio quindi siamo arrivati quasi a mezzogiorno. Non c’era tanta gente, ma questo perché è bassa stagione come Thet ce lo ricorda. Il sole era splendente ed era caldissimo! Nelle rovine puoi tenere le ciabatte ma nella pagoda no…e apparentemente a nessuno è venuto in mente che le piastrelle lucide e il sole bollente non sono granché come combinazione…ho fatto la visita cercando cerchi d’ombra per non ustionarmi i piedi! Al di là di questo è affascinante.

Nella zona delle rovine Thet ci spiega che ci sono pagode erette anche dalle persone normali, non solo dai re o nobili. La regola è che nessuna sia più alta di quella fatta costruire dal Re. La maggior parte delle stupe sono in mattone (come a Bagan) e anche se ormai non si può entrare per pericolo di cadute in qualche caso si possono intravedere statue di Budda all’interno.

In Dein – dettagli: le immagini di Budda che spuntano dalle rovine

Tante sono quasi completamente coperte dalla vegetazione, da un lato è un po’ triste perché rappresenta lo stato di abbandono del sito, dall’altro ha un certo fascino.

In Dein, la vegetazione si impossessa delle stupe
Calcio, grande passione nazionale

Nella parte restaurata si trovano poche costruzioni con i mattoni a vista, la maggior parte infatti sono bianche o dorate. Anche se molto fotogeniche, non so quanto preciso sia stato il lavoro di restauro, alcune sembrano semplicemente cimentate e brutalmente coperte di tinta bianca o dorata. Questo è particolarmente chiaro se accanto ne vedete qualcuna che è ancora da restaurare: avete presente il prima e dopo di qualche chirurgia plastica dove forse il prima era meglio?

In Dein

Anche qui i restauri sono finanziati dai privati che possono così mettere il proprio nome sull’opera restaurata. Come dice Thet tutti vogliono il loro nome ben visibile per questo le stupe più vicine al passaggio sono quelle tenute meglio ☺︎

Io e Thet bruciando i piedi ad In Dein
Shew Inn Tain Pagoda

Come in tutti i siti turistici il lungo corridoio della pagoda è trasformato in un grande mercato di souvenirs: abbigliamento, sculture, bigiotteria, etc. Abbiamo chiesto a Thet come si ‘concorre’ ad un posto in pagoda e ci ha spiegato che è il pagoda trustee (fiduciario) che attribuisce i posti. I negozianti non pagano l’affitto, ma contribuiscono con il lavoro per esempio pulendo o aiutando nei lavori di manutenzione.

In Dein shopping…io non ho resistito a fare qualche acquisto!

Considerate almeno un paio d’ore per visitare questa zona, se avete tempo potete anche fare un giro al villaggio omonimo.

Villaggio In Dein
Bambini in In Dein

Dopo tutto questo “pagodare” siamo affamati, l’effetto colazione matrimoniale è svanito e così ci mettiamo in strada, o meglio in acqua, verso il ristorante Linn Pyae (Heya Ywama, Pann Paè Quarter).

Anche questo ristorante ha un terrazzo sul lago e anche oggi mangiamo pesce. Quello di A. era teoricamente grigliato, in pratica abbrustolito, il mio ‘special lake fish’ era buono e anche l’insalata di cetrioli. Spesa totale Ks 17’500 (12€), il più caro finora per pranzo ☺︎

Pranzo al ristorante Linn Pyae

Riposati e rinfrescati continuiamo a girare sul lago e Thet ci porta ad un negozio dove ci sono le donne Kayan (or Padaung, in dialetto Shan), o più comunemente conosciute per il sopranome politicamente scorretto di donne del collo di giraffa, per gli anelli di ottone che portano al collo.

L’etnia Kayan non è originaria di Inle (Shan state) ma Loikaw, nel Kayah state a sud di Inle (a 4 ore di distanza in auto da Nyaung Shwe). Sono una delle 9 etnie dello stato di Kayah e tante hanno dovuto emigrare per sostenersi, solitamente in Thailandia o in generale in posti più turistici.

Con il boom del turismo in Myanmar e grazie al programma di incentivo ed educazione alcune stanno facendo ritorno al loro villaggio e lavorano facendo artigianato da vendere ai turisti. Ma rimangono loro l’attrazione…

Ci sono diverse teorie sul motivo perché usano gli anelli al collo (e anche sulle gambe), ma quella che sembra avere una logica (e a me piace la logica) è che aveva una funzione non solo estetica ma anche protettiva. Infatti vivendo in zone di foresta dove ci sono le tigri, che quando attaccano puntano al collo e alle gambe, gli anelli funzionavano come scudo. Loro dicono semplicemente che gli piace così…

3 generazioni di donne Kayan
Donna Kayan

Al contrario di quello che pensavo gli anelli non allungano il collo, è una illusione ottica quella. Quello che in verità succede è che, il peso degli anelli spinge le clavicole verso basso e le deforma dando questo aspetto al collo. Sono davvero pesanti, se li tieni in mano lo capisci, non so come facciano loro a tenerseli al collo per tutta la vita!

Si inizia a 5 anni e ogni anno si aggiungono altri giri fino ad arrivare a 25 anelli con un peso da 8 a 10kg!

Gli anelli delle Kayan

Rientriamo a Nyaung Shwe perché volevamo fare un giro in bici alle natural hot springs a Khaung Daing. Sono circa 9 km, mezz’ora in bici.

Abbiamo affittato le bici in hotel (2000 Ks/una (1,40€)). Da Nyaung Shwe si prende la strada che porta verso Heho, la prima parte è piacevole lungo i campi coltivati dopo arriva la salita…e non è piacevole. Arrivati alla fine, si riprende fiato e si gira a sinistra e dopo 4 km troverete le hot springs a sinistra.

On the way to Khaung Daing

Mi ero fatta questa idea di piscine naturali con acqua calda e piena di bolle emerse nella vegetazione lussureggiante invece…l’entrata sembra quella di un hotel (eravamo un po’ nel dubbio se fossimo arrivati al posto giusto).

Thet ci aveva detto che si pagava 2000 Ks ma, sorpresa sorpresa per gli stranieri sono $10 a persona!! Però ti danno una bottiglia d’acqua, l’asciugamano e accesso al guardaroba VIP che praticamente uguale agli altri ! Visto che avevamo fatto mezz’ora di bici mi seccava tornare indietro senza averle viste e avevo ancora la speranza che al di là della reception ci fosse la vegetazione lussureggiante.

Paghiamo questi 20 dollari ed entriamo…ci sono quattro piccole piscine di acqua bollente, un bar minuscolo e basta. Per vedere la sorgente dovete andare fino in fondo e guardare oltre le mura a destra, c’è questa pozza che borbotta e finisce li.

Khaung Daing Natural hot springs

C’eravamo noi, un ragazzo francese e 3 coppie di signori indiani che abitavano a Londra, la parte più bella è stata la chiacchierata con loro!

Dovessi tornare ad Inle questo è decisamente un posto dove non tornerei, non è brutto però 10 dollari è decisamente esagerato come ingresso. Comunque se volete proprio andare sono aperte tutti i giorni fino alle 18:00.

Meglio proseguire verso il villaggio Khaung Daing, trovare un bel bar con vista lago e spendere $20 in cocktails! O rimanere a Nyaung Shwe a visitare il mercato o il monastero!

Il vantaggio è che al rientro non c’è più la salita da fare in bici….

Doccia e si esce per cena. Io volevo andare al Sein Ya Da Nar (BBQ and Hot Pot) (Yone Gyi Street), ma questa volta ha vinto A. che voleva tornare al Thanakha. Mangiamo come l’altra volta molto bene e loro sono davvero simpatiche. Lo consiglio vivamente.

Domani si parte per Mandalay.[:]

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