Mandalay – Giorno 8
Mingun ♥ Monastero di Shwenandaw Kyaung ♥ Maha Lawkamarazein (Kuthodaw) ♥ Mandalay Hill (Sutaungpyei Pagoda)
Arriviamo a Mandalay alle 10:00 dopo un volo di 30 minuti da Heho. All’arrivo ci aspetta Snow, la nostra guida per i prossimi 2 giorni.
Dall’aeroporto al centro di Mandalay sono 35 km, circa un’ora in auto. Con l’auto si puo’ raggiungere Yangon in 8 ore grazie alla nuova strada inaugurata nel 2008, prima ci volevano ben 12 ore!
Mandalay è la seconda città più grande del Myanmar (la prima è Yangon) e il principale centro economico e culturale, religioso ed educativo del nord del paese. Ha una popolazione di 1.2 milioni di abitanti dei quali il 30% sono cinesi. Gran parte dei monaci del Myanamar (500.000 ci dice Snow) abiti in Mandalay o intorni, si vedono ovunque.
Costruita ai piede della Mandalay Hill e sulla riva sinistra del fiume Ayeyarwady (si, è lo stesso che attraversa Bagan) il suo nome originale era Yadanarpon ed è stata la capitale del Regno dal 1857 al1885. Poi arrivarono gli inglesi che spedirono la famiglia reale in esilio e spostarono la capitale a Yangon (fino al 2005 quando è stata di nuovo spostata a Naypyidaw, l’attuale capitale). Durante la Seconda Guerra mondiale è stata la città più colpita dai bombardamenti e attacchi giapponesi.
Quindi non troverete i palazzi stile coloniale che si possono vedere a Yangon, ma un centro città più moderno e costruito con un modello a griglia regolare (come New York dice Snow), con il Mandalay Palace al centro e con le strade senza nomi ma con numeri:
- Da nord a sud: 1st Street alla 49th Street
- Da ovest a est: 53rd Street alla 90th Street
Quindi se sapete dove è il nord e l’ovest non avrete problemi. Comunque c’è sempre qualcuno pronto a darti una indicazione, anche se non parlano bene (o niente) l’inglese in qualche modo si fa.
Al contrario di Yangon, dove in centro non si vede un unico motorino, Mandalay ne è piena: arrivano da tutte le direzioni e il suono del clacson anche qui è constante. Mi ha ricordato tanto il Vietnam dove ho imparato ad attraversare una strada dove nessuno si ferma: vai senza esitazioni e loro ti girano intorno. Certo che se ci sono i semafori è piu’ comodo attraversare!
Mandalay è stata in assoluto la città dove abbiamo sofferto di più il caldo e l’umidità ma mi è piaciuta più di Yangon. Quindi i 2 giorni di caldo infernale sono valsi la pena.
La nostra prima meta per oggi non è nella città ma Mingun, una delle antiche capitali del regno (le altre sono state Amarapura, Ava o Inwa e Sagaing) localizzata 11km a nord-ovest dalla città e raggiungibile con un viaggio in barca di un’ora circa. Si puo’ raggiungere anche per terra ma la strada non è in buone condizioni e ci vogliono tra un’ora e mezza a due ore.
Quindi ci avviamo verso il Maya Gyan jetty e uauh… che bel casino questo molo! Polveroso, pieno zeppo di camion caricati in modo assurdo, di barche e circondato di una specie di baraccopoli, non è propriamente un belvedere ma è da vedere!

Siamo arrivati verso le 11:00 e nel nostro tour avevamo già inclusa la barca, altrimenti dovete organizzarvi per prendere la barca che parte dal Maya Gyan Jetty (alla fine della 26th Street) alle 9:00 e rientra alle 12:30, meglio comunque confermare gli orari. Costa Ks 5000/persona.

Durante il viaggio se siete fortunati potrebbero esserci anche i delfini; noi non siamo stati fortunati o forse i delfini sono solo una leggenda.
Cosa c’è da vedere a Mingun? La Mingun Pahtodawgyi Pagoda, la Mingun Bell e la Hsinbyume Pagoda.
Si paga un ingresso di Ks 5000 (3,5€), valido per un giorno per tutti i siti di Mingun. E’ tutto raggiungibile a piedi, non serve prendere gli originali taxi trainati dai buoi bianchi a meno che non volete proprio sperimentarli.

La Mingun Pahtodawgyi Pagoda è una gigantesca costruzione incompleta, frutto della eccentricità del Re Bodawpaya che la voleva alta 150 mt. ma che a fronte di una profezia che il suo completamento avrebbe portato alla fine del suo regno si è blocco’ e la lascio’ così, alta 50 metri. Dopo la natura ha fato il suo coeso e una serie di sismi le hanno dato l’aspetto screpolato che ha oggi.

Nelle vicinanze troverete il Dhammacedi Temple, un centro di meditazione dove viveva Il Venerabile Mingun Sayadaw U Vicittasarabivamsa, il monaco che nel 1985 è entrato nel libro Guinness dei primati con il record nella categoria memoria umana per aver recitato 16’000 pagine delle scritture buddiste (Tripikta) a memoria nel Maggio del 1954 a Yangon. C’è la sua statua (mi è piaciuto un sacco il dettaglio degli occhiali), la sua stanza e tutta una ala dedicata alla sua vita ed ai suoi insegnamenti.

Sempre nelle vicinanze della pagoda si trova la Mingun Bell, un’altra opera commissionata dal eccentrico Bodawpaya che qualcosa ha finito. E’ una campana gigantesca (infatti era per fare pandan con la pagoda gigantesca) di 90 tonnellate e un diametro di 5 metri. Vedrete gente che si infila dentro la campana…non c’è niente dentro se volete risparmiarvi la ginnastica per andarci sotto.

Da li proseguiamo per la Hsinbyume Pagoda. E’ particolarissima sia nella forma che nel colore di un bianco tanto intenso che sotto sole fa quasi male agli occhi. Bellissima!

La sua base con sette terrazze rappresenta le sette catene montuose intorno al Monte Meru – la montagna al centro dell’universo buddista. Per accedere alla cima ci sono 3 corridoi di scale: a sinistra era per la Regina, al centro per il Re, a destra per il popolo. Ho scelto quella del Re perché era all’ombra e questi architetti di pagode non hanno capito bene che certi materiali non vanno messi se devi camminare a piede scalzi sotto il sole bollente!
E’ impossibile resistere a farle decine di foto!

Ci incamminiamo verso il molo non senza fare prima un spuntino di gamberetti, pesciolini e mais ovviamente fritti! Buoni.

Bastano 2 ore per fare il giro completo anche con qualche sosta per bere qualcosa, ci sono diversi bar e negozi lungo la strada.

Torniamo a Mandalay a tempo per pranzo al Golden Shan (26th Street, angolo con la 90th) , un ristorante a buffet non lontano dal molo. Si mangia molto bene e si paga poco: Ks 15000 (10€).

Breve sosta all’ hotel Mandalay City per check in, doccia e pronti e via per continuare ad esplorare la città.
Andiamo a visitare il Monastero di Shwenangaw (aperto dalle 7:00 alle 18:30) che fa parte della Mandalay Archaeological Zone. Questo palazzo era in realtà una parte del Palazzo Reale che è stata spostata nella attuate location nel secolo XIX ed è stato donato ai monaci, diventando un monastero. E’ totalmente fatto in teak con dei particolari incisioni in legno, molto interessante.


L’ingresso costa Ks 10’000 (7€) è valido per 5 giorni e include tutti i siti che appartengono alla Mandalay Archaeological Zone, per esempio la Kuthodaw Pagoda, Mahamuni Pagoda, Mandalay Palace, Amarapura, Inwa ed altri. Portatelo con voi sempre così evitate di dover pagare di nuovo.
Da li ci spostiamo a Maha Lawkamarazein o Kuthodaw. Questa pagoda è stata inclusa nel 2013 nel Memory of the World Register, dalla Unesco per la sua collezione di 729 lastre di pietra nelle quale sono scolpite il testo completo del Tripitaka, il più sacro testo del buddismo Theravada (come la Bibbia per i cattolici), conosciute anche come il libro più grande del mondo.

Essendo bassa stagione non c’era molto movimento, la maggior parte erano locali e studenti in vacanze. La avevamo quasi tutta per noi.

Il sole comincia a scendere il che significa che dobbiamo salire alla Mandalay Hill per vedere il tramonto. Ci sono 2 modi per arrivare: a piedi o in auto. A piede potete prendere una delle 4 scalinate (1729 gradini) o fare la stessa strada che fanno le macchine, una salita piuttosto ripida (240 mt). Snow dice che è molto bello perché lungo la collina ci sono diverse pagode e tempi è una passeggiata di un’ora minimo. Ecco perché abbiamo scelto l’auto… eravamo in ritardo, altrimenti avrei fatto la salita con le mie gambe! O forse no…
Comunque trovi tantissima gente locale che fa la salita per la strada come attività fisica a fine giornata.
Arrivati al parcheggio si prende l’ascensore o le scale mobili che portano fino alla Sutaungpyei pagoda, con la terrazza sulla città. Non si paga l’ingresso ma una simbolica camera fee.
Snow ci avvisa che probabilmente qualcuno vorrà attaccare bottone con noi, ma non perché vorranno venderci qualcosa o chiedere elemosine ma semplicemente per fare pratica di lingua inglese! Ed è proprio così, sia i locali che i monaci scelgono tra i turisti qualcuno semplicemente per chiaccherare. Io sono stata ‘rapita’ da 3 giovani monaci ed A. da un’altro, sempre dello stesso monastero.

Vogliono sapere da dove vieni, cosa hai visitato nel Myanamar, se ti piace e se tornerai ☺︎ Dedicate un po’ del vostro tempo a loro. Loro sono contenti e si impara sempre qualcosa!

Dalla colina si ha una bella vista sulla città, ho scoperto che hanno un grande campo da golf, e anche la pagoda è molto carina con le sue parete di piastrelle colorate e luccicanti. Non era per niente affollata (il grande vantaggio di viaggiare fuori stagione) e quindi abbiamo potuto goderci il tramonto in tranquillità e sederci a osservare la gente che passava.

A piedi o in auto è assolutamente da fare!
Scendiamo in città per cena. Siamo abbastanza cotti, è stata una giornata lunga e calda e chiediamo consiglio a Snow per mangiare vicino all’hotel. Ci consiglia un posto all’ incrocio tra la 26th Street (dove è il nostro hotel) e la 83rd Street, che secondo lei è la migliore street food di Mandalay: Mandalay Karawek. Le diamo fiducia e andiamo, è a 5 minuti dal nostro hotel.
Di giorno non lo avevamo notato semplicemente perché non c’è! Di notte montano tavoli, cucina e cassa e nasce il ristorante! E’ pienissimo e la gente si ferma in macchina anche per il take away. E’ un vero street food, tavoli bassi in mezzo alla strada e nessun lusso, non servono nessun tipo di bevande alcoliche ma abbiamo mangiato molto bene (assaggiate le banana pancakes) e abbiamo speso Ks 8000 (5,50€)… in 2. E dovete vedere quello che i prepara i pancakes… è un vero artista nel maneggiare la pasta!

Dopo questa giornata intensa non vedo l’ora di un po’ di sana aria condizionata e un bel letto fresco. Domani ancora Mandalay, giorno 9 del nostro viaggio.
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